Fanno parte di noi. Sono il segno tangibile del nostro vissuto. Spesso cerchiamo di fare di tutto per cancellarle, altre volte invece possono essere vissute come un vanto, come una forma di segno di vittoria (specie se ci ricordano vittorie importanti su cose decisamente sgradevoli…) altre volte sono semplicemente dei segni che il tempo non cancella, che la memoria fatica a debellare e che il corpo rinnova , di giorno in giorno sino alla fine…
Parlo delle cicatrici e provo a navigare fra quelle che porto più o meno orgogliosamente sul mio corpo. Dico da subito he si tratta di una sorta di censimento e che questo è da ritenersi puramente indicativo, dato che nel mio percorso potrei ancora incrementare e di molto le loro presenze.
Le cicatrici, come per i tatuaggi, sono indelebili, o difficilmente celabili (a seconda del tipo di ferita e di percorso di guarigione, nonchè di reazione che il nostro corpo ha avuto a seguito del trauma subito….) Se per le prime non vi è possibilità (in genere) di scelta per posizione e/o disegno, per i secondi invece si. Forse è una delle tante differenze che distinguono le due categorie… Ma non vorrei andare fuori tema e mi riporto alle cicatrici.
Penso alle mie e mi rendo conto di aver un vasto campionario… Si parte dalle disavventure da bimbo (irrequieto e discolo…) quando da curioso mi sono tagliato con una scatola di pelati (perchè dovevo ficcare il naso e quindi vedere cosa c’era al suo interno…), o come quando sono riuscito a incastrarmi perfettamente nell’oblò della lavatrice dell’epoca (anni ’70 e marca REX…), nonostante le mille raccomandazioni da parte di mia madre a non correre intorno al tavolo… Sempre correndo, questa volta in sala, passare attraverso una porta aperta di una vetrina in vetro? Fatto! e anche in quell’occasione colpo al cuore dei genitori… Vogliamo parlare delle corse delle camerate in colonia in attesa della visita di controllo dell’assistente? Peccato che quando arriva il mio turno, la vedetta spegne la luce ed io mi lancio in volo d’angelo centrando in pieno lo spigolo del comodino procurandomi un taglio nella cabeza di alcuni punti (è lì che mi sono appassionato alle pagnotte e al gioco degli scacchi…)
Vogliamo forse dimenticarci dello spiattellamento sul portone in ferro modello Willy Coyote con la bicicletta pieghevole della cugina che era in riparazione per messa a punto dei freni?…. appunto… era in riparazione ed io essendo bramoso del provare la bicicletta a posto mi sono catapultato a cavalcioni della malcapitata e pestando sui pedali come un dannato ho dato tutta la velocità che le gambe potevano dare per testarne l’efficacia… appunto… testarne… peccato che è stata la mia testa a constatare che i freni non erano stati serrati quindi totalmente inefficaci alla frenata…
Parliamo così della rovinosa caduta da una pietra che ha segnato indelebilmente il mio ginocchio sinistro… Pietra-Marco 1-0…
Altro episodio che merita essere raccontato è quello che mi vede saltare una catena con agli estremi due bidoni colmi di cemento…con il bordo delle scarpe agganciare la catena posta fra i due bidoni… trascinarli insieme a me nella caduta e pararmi in qualche modo con la mano che attutisce il colpo… vittime predestinate il mignolo e il pollice della mano destra che ne portano ancora il segno orgogliose di aver limitato i danni…
Diciamocelo! Non sono certo stato uno stinco di santo, (e per altro non me ne vergogno… ho vissuto!) Forse dovrei chiedere scusa a tutti/e coloro che si sono preoccupati/e per me, in primis i miei genitori!
La vita però non si accontenta di segnare la nostra gioventù con tutti questi avvenimenti (chi più chi meno, chi in una maniera e chi nell’altra…), ma ci presenta spesso il conto con altre vicende che sanno lasciarci i segni, siano essi tangibili e palpabili in rilievo sulla pelle, ed altri invece invisibili ma non meno importanti e/o impattanti….
Così ci sono di quelle cicatrici di cui si parla poco volentieri… quelle che, come certi tatuaggi non mostri, non parli perchè legati a vicende della tua vita non così lieti o belli da raccontare o semplicemente non hai piacere di parlarne… Siano essi frutto di interventi come di suture più o meno importanti… Eppure esistono anche loro e con l’essere palpabili, ogni qual volta ti ci imbatti, torna alla memoria il motivo che le ha portate ad essere tue compagne di vita…
Mi viene da pensare a quelle persone che portano, per esempio, il ricordo di ferite come quelle dovute a un parto cesareo, alla rimozione di un brutto male, al necessario intervento di un medico nel cercare di rimuovere o risolvere un problema per permettere di vivere meglio o semplicemente di poter vivere… Ecco quelli, per quanto possano essere segni invasivi e impattanti, rischiano di essere segni comunque ben tollerati, specie se realmente risolutivi dei problemi… altri invece non lo sono per nulla e quindi restano semplicemente come ricordi… e proprio come i ricordi esistono cicatrici belle come cicatrici meno belle…
Ultimamente si fa un gran parlare nel dire quanto sia terapeutico e giusto mostrare le proprie cicatrici senza vergognarsi di esserne portatori/trici perchè rappresentano in qualche modo la nostra storia e fanno parte del nostro vissuto…
Scusandomi per essere stato lungo con questo intervento (che spero non lasci in voi alcuna cicatrice…), chiudo lo stesso avendo con voi condiviso alcuni miei segni più o meno visibili… Gli altri, come chi ha tatuaggi nascosti, sono destinati a rimanere tali o privilegio di quelle poche persone che mi conoscono o conoscono la mia storia e i miei trascorsi o semplicemente ne ho parlato con loro…
E voi che rapporto avete con le vostre cicatrici? Quali quelle visibili a pelle, quali quelle che conservate nella mente e nel cuore?
Buona vita bella gente, buona e serena vita, che siate segnati/e o meno! L’importante è che viviate a pieno e fino all’ultimo secondo la vostra preziosa vita!
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Ne ho diverse…da quella che secondo la medicina mi avrebbe dovuto negare ala maternità , a l’ultima dopo l’intervento al cuore…
Le guardo e penso che sono mie, quindi le tratto bene, le copro al sole, le cullo quando il freddo le fa dolenti.
Quelle dell’anima le so affrontare meglio, chissà forse quello che uso è un unguento magico….
Quelle che mi lasciano alcuni fatti estranei alla mia persona non guariscono mai (es. Ossezia-Beslan, tanto per dirne una….).
Credo che quelle fisiche, visibili, in fondo siano quelle che hanno fatto meno male, nel senso della durata, quelle invisibili sono quelle di cui si parla meno ma che rimangono aperte per più tempo, ed anche quelle chiuse e cicatrizzate rimangono sempre tatuate nel cuore.
Buona giornata!
Emozione nel leggere il tuo commento e con cuore dico Grazie!
grazie a te per i tuoi post 🙂
Molto interessante spunto! Be’ io ne ho poche (un freno di bicicletta nel polpaccio sinistro, un taglio sull’indice sinistro, un piccolo intervento sull’emitorace destro) e non ho tatuaggi. Mi ricordano piccoli incidenti di percorso. Quelle che ho più marcate sono dentro. Per i tradimenti subiti e per la fine inaspettata di una storia importante. Ma anche quelle ormai non dolgono più. Sono però d’accordo che per certi versi le cicatrici sono vissute male. Ma chi sa guardarle in un modo che faccia sentire chi le porta una persona normale, donna o uomo che sia, compie un grande atto di rispetto.
Ciao, grazie. Piero
Grazie Piero per il commento ricevuto e per aver saputo leggere fra le righe… Ancor più grato che a fare questo commento sia stato un uomo… Vuol dire che qualche animo sensibile esiste ancora e che non abbiamo proprio da vergognarci totalmente di appartenere a questa categoria maschile se sappiamo anche avere una sensibilità … grazie ancora del commento 🙂
Pensa che ho appena risposto ad un’amica blogger che “anche un uomo può sempre avere un’anima”!
Grazie a te per gli spunti e l’ospitalità .
Ciao, Piero
E’ sempre un piacere vedere che non si scrive solo per esternare ma che vi è qualcuno che legge e poi spende del proprio tempo per commentare. Grazie davvero a te!
Credo che sia questo l’obiettivo più importante: leggere ed arricchirsi culturalmente. Poi, se si riesce nonostante le incombenze quotidiane a instaurare un dialogo, direi che si giunge alla tanto decantata “quadratura del cerchio”.
Se infine da tutto ciò scaturiscono propri scritti che vengono apprezzati, allora siamo alla dimostrazione che il blog può non essere un semplice diario di bordo ma qualcosa di molto di più.
Sono io a ringraziarti.