Silvana vide la luce per la prima volta il 20 gennaio di 27 anni fa, nella città di Roma. La sua famiglia si trasferì quando aveva ancora 5 anni a Milano.
Il padre, Filippo, decise di “cambiar aria” per andare alla ricerca di un’occupazione che potesse fruttare un po’ piĂą di denaro, di un impiego che potesse dargli un po’ piĂą di tempo da trascorrere con la sua famiglia.
Ora Silvana vive in un mini-appartamento ammobiliato, una vera e propria occasione, proprio come quando 3 anni fa disse nel bel mezzo di una cena, una delle tante, che voleva andarsene a vivere da sola.
Quella sera per Filippo, la moglie Angela ed il fratello piĂą piccolo Andrea, sarĂ difficile da dimenticare.
Silvana, fino ad allora , ragazza mite, una “con la testa sulle spalle”, affrontò l’intera famiglia, alla quale è tutt’ora molto unita, per avallare questa inaspettata idea. Era tempo, oramai parecchio, in cui tutti i ragazzi di una certa età , dimostravano di essere autosufficienti.
Tutte le sue amiche, ed erano molte, avevano fatto, o come lei si preparavano a fare il grande passo. Alcune di loro erano riuscite a dividere la casa o l’appartamento con altre amiche; le più fortunate, a sentir loro, con un ragazzo.
A lei tutto ciò non importava. Non aveva il desiderio di convivenza, ma bensì di libertà , responsabilità , quella che sempre gli era stata sovente citata e che lei mai aveva potuto provare.
Inutile dire che i piatti di minestra vennero sorseggiati freddi, o che il colorito arrosto che stava nel bel mezzo della tavola non venne neppure toccato. Dopo la proposta, che Silvana fece quando tutti erano seduti a tavola, ci fu subito un silenzio tombale. Le parole che scaturivano dal televisore, giungevano distanti e moltiplicate, come se ci si trovasse nella valle dell’eco.
D’improvviso si sentì il tonfo del cucchiaio che, improvvisamente andava a cadere sul bordo del piatto, rompendo il ghiaccio.
Al contrario di ciò che si era aspettata, non venne tempestata di domande e ciò la colse impreparata.
Sentendosi tradita, fu lei ad inveire contro quei volti che , ancora increduli, cercavano un punto d’appoggio valido per poter attecchire un discorso meritevole di tale nome.
Vi fu la reazione di Angela che fece volare un ceffone che lasciò il segno sulla guancia già rossa di Silvana. Non lo aveva mai fatto! Lei la mamma contraria alla violenza, si era lasciata andare.
Filippo si alzò di scatto e cercò invano di fermare la fuga di Silvana che oramai si era lasciata la porta alle spalle. Si sentì decisamente solo quando, vicino alla finestra, vedeva il caos sotto di lui, ancora incredulo e nello stesso tempo impotente. L’unico che sembrava non dimostrare alcuna preoccupazione era Andrea il quale, dall’alto dei suoi 17 anni disse: “non preoccupatevi, domani non si ricorderà neanche più ciò che ha detto”.
Quanto era vicino il domani…!
tutti lo attendevano, chi ancora alla finestra fantasticando, chi lavando le stoviglie tra le quali cadeva qualche lacrima e chi tra il telecomando del televisore e del videoregistratore.
Erano le tre quando l’uscio di casa rivide davanti a se il viso abbondantemente irrorato dalla irruente pioggia dell’ultim’ora, di Silvana.
Fu piacevole trovarsi Fifi, la gatta, che riconosciuto il passo, si sdruciva calda fra le bianche e umide caviglie.
Silvana fece particolare attenzione alle scale che doveva affrontare per andare in camera a riposare. Il rumore delle scarpe, ormai zuppe, venne magistralmente coperto da una serie di tuoni che ne facilitarono il passaggio.
In veritĂ , sebbene tutto fosse spento, in ogni cuore, in grado di intendere la situazione, ci fu una folata di vento caldo e rassicurante nel sentire quei passi felpati percorrere ancora casa.
Passarono i giorni, mai il tempo trovò l’occasione giusta di attecchire in quel pensiero ormai fisso nella mente di Silvana.
Ogni sera, al ritorno dal lavoro, Filippo si trovava il giornale piegato bene ma privo della pagina immobiliare.
Il tempo per un breve periodo, trascorse senza far sentire il peso di quell’inverno che, ancora una volta, l’ultima, aveva visto questa famiglia sotto lo stesso tetto tutta unita.
La primavera fu portatrice non solo di una nuova aria ma anche del realizzarsi di un sogno; quello di Silvana. Loro malgrado, i genitori, visto che tutt’ora Silvana è impiegata e che quindi può sostenersi; di fronte a questa realtà in modo unanime, persero una parte di loro stessi, vedendo la figlia più grande che partiva dal nido per solcare nuovi orizzonti e per costruire a sua volta il suo nido. Era solo il primo “volo”.
Non era un’addio, ma l’atmosfera era quella, nonostante tutti facessero attenzione a non darlo a vedere. Solo Andrea, quando dopo pranzo la vide entrare nella stanza che li vide crescere insieme, si lasciò andare e disse: “Ehi, testa matta!! Occhio a ciò che fai OK??”. Silvana si rese conto che non era il solito Andrea che le parlava. Di questo gli fu sempre grata. Lo è anche ora che si vede disperata andare incontro alla morte.
Silvana, la bionda , slanciata, longilinea, giovane occhi blu, sa che fra pochi mesi entrerà a far parte dei ricordi di molti, anche di chi l’ha odiata.
Ricorda ancora, quando appena si trasferì ai borghi dell’eterna cittĂ , conobbe Pierpaolo. Bello! Quanto era bello Pierpaolo. Castano, sfacciato e incredibilmente dolce. Peccato fosse da un po’ di tempo il boy-friend di Serena, la sua migliore amica nonchĂ© compagna di casa.
Bhè! Non lo fu per molto dato che dopo un po’ si accorse che c’era del dolce e dell’intesa fra Silvana e il suo ragazzo. Fu serena che scomparve dalla scena, un po’ per amore, un po’ per amicizia, forse anche per odio. In fondo gli aveva soffiato il suo ragazzo, sfumato tutti i progetti e “bruciato” tutti quei bei momenti vissuti insieme…
D’altro canto Silvana e Pierpaolo effettivamente formavano una bella coppia. Il bello è che lo fu per parecchio tempo. A poco a poco, tra una pizza, il cinema, il lavoro, la palestra e la discoteca si era solidificato e rafforzato quel rapporto che la vide protagonista della sua storia.
Presentò dopo circa sei mesi di beata convivenza il suo ragazzo alla famiglia che, tra la sorpresa e i timori di un’ulteriore allontanarsi, accolse Pierpaolo con la dovuta iniziale freddezza.
Le stagioni si erano susseguite e rincorse fino a raggiungere nuovamente il freddo e autentico inverno di un paio di anni fa.
Fu proprio una di queste gelide serate che vide l’ennesima trasformazione di Silvana. La mutazione continuava a seguire le sue innumerevoli tappe e tra la dolcezza e l’amore vero Silvana si ritrovò donna. Non che già non lo fosse, ma per lei questa era la prima volta in cui veramente si sentì amata da chi follemente amava anche lei.
Da quell’amore non nacque mai un’altra creatura; eppure da quel giorno, un’impercettibile cuore batteva dentro lei. Quel cuore ancora l’accompagna e sarà l’artefice del suo vuoto.
La nostra e sua storia continua ora affrontando ciò che ognuno di noi almeno per una volta ha vissuto. C’è per tutti quella storia dalla quale è difficile staccarsi o guarire.
Per Silvana si trattava di una ferita ancora più profonda; tanto quanto l’amore che aveva riversato a Pierpaolo che la lasciò per un’altra.
Da lì per Silvana le cose peggiorarono, Peggiorarono proprio quando sotto la grande quercia, la stessa che li vide amoreggiare, lui gli disse, spietatamente freddo, che se ne sarebbe andato.
A nulla servirono, da prima i pugni sul suo petto dorato, e poi le preghiere con le quali, umiliandosi al massimo, cercò di tenerlo ancora a se.
Non riuscì a farsi forza e per un certo periodo si ammalò.
Il periodo diventava un po’ troppo lungo, tanto che decise di recarsi dal proprio medico per saperne di piĂą e per trovare risposte a quelle domande che gli tormentavano la testa.
Il medico, resosi conto della situazione, come a volte capita, prima di pronunciarsi, fece fare a Silvana accurati esami.
Si sa; in Italia prima di poter far esami specialistici, ci vuole molto. E’ in quel tempo che Silvana si fece coraggio e riscoprì a piccoli passi, il piacere e il grande valore della vita. Andò in montagna e al mare, fece altre conoscenze e si affidò molto più a ciò che gradiva.
Sovente si trovava immersa in un libro e in una passeggiata nei prati montani a contemplare la natura o i tramonti che tanto ama.
Quasi si scordò degli esami; oramai aveva riacquistato la normale vitalità . Che bisogno c’era di portarli immediatamente al medico? Così si attardò per alcuni mesi.
Il medico , per altro coscienzioso, tornò ad invitarla a farsi viva nel suo studio, quando la rivide casualmente nello stesso supermercato intenta a fare compere come lui.
Fu li, si… proprio li che scoppiò la bomba.
Il medico, amico d’infanzia di Silvana, si trovava nella delicata situazione in cui non è facile destreggiarsi. Fu infatti molto difficile per Paolo, medico di città , abituato alle più disperate realtà , dire a Silvana che era ammalata di AIDS e che il suo era uno stadio avanzato in cui era molto difficile pronosticare la benché minima guarigione.
Ci volle tutto il suo tatto che, nonostante tutto, risultò inutile per chi, come Silvana amante della vita, si vede calare a ghigliottina della “dama nera”.
Non ci volle molto per capire quale fu la fonte dalla quale attecchì tale “disgrazia”. Non fu odio, ma bensì una miscellanea di tenerezza e compassione; quella che provò verso l’artefice di tutto ciò.
Accolse con molta tranquillità la sentenza di quella “sorte”.
Si fece ancora una volta forza e capì che mai come ora aveva bisogno d’amore, quello vero, sia di quello famigliare. Il problema era: a chi rivolgersi ? Poteva rivelare il suo cruccio ai suoi genitori? Nooo…!!! E le amiche? Neppure !!!
Non era possibile, è peggio che dirlo al vento, la voce poi corre…
Per ora l’unico a saperlo era proprio l’ex compagno di scuola nonché, ora, suo medico. Ciò non la rincuorò di molto, anche se Paolo cercò di fare di tutto per rendere meno noiosa la via da percorrere. Un sacco di volte si era ritrovata stesa sul letto a pensare alla morte prima di adesso.
Ciò gli capitava sovente, soprattutto quando aveva dei problemi ai quali non riusciva a trovare ne testa ne coda.
Ora che la morte se la sente scorrere tra le vene, pensa ancor più alla vita e non ha più paura, come un tempo, quando più giovane, pensava a ciò che giornalmente leggeva sui giornali o vedeva tra i telegiornali.
E’ buffo. Ora che ne avrebbe avuto tutti i diritti, avviene l’inverso.
Di questo si trova spesso a parlare con suo fratello che ora ha 20 anni.
Sette anni sono tanti ma possono essere anche pochissimi, tutto sta a volerli vivere bene e insieme. Questo Silvana lo aveva scoperto un po’ tardi, fortunatamente non troppo; quel tanto che basta per poter porre rimedio ad alcuni errori giĂ fatti.
Ora ascolta incredula le parole che zampillano dalla gola di Andrea che, sempre dall’alto dei suoi vent’anni, ma con molta più armonia, cerca di recuperare anch’egli il tempo perduto in stupidi battibecchi.
Per Silvana tutto ciò è troppo bello. A volte pensa che vorrebbe spegnersi con accanto quella peste di suo fratello. Ora è molto più attenta al mondo che la circonda, coglie più attentamente i piccoli particolari e si domanda senza trovarne soluzione, il perché di tanta stupidità nella gente.
Silvana e i suoi 27 anni. ChissĂ da quanti non entrava piĂą in una chiesa! Tanti…
Anche oggi, nel pomeriggio, c’è stata. Sovente si interroga domandandosi se c’è qualche cosa dopo e se c’è se è uguale a ciò che il suo parroco cercava di far immaginare con le sue colorite e approfondite spiegazioni che lasciavano, i bambini del tempo, estasiati e partecipi.
A volte si chiede se esiste veramente Dio. Non se Egli sia giusto, ma se ci sia.
Per Silvana rimarrà sempre il recondito desiderio di vedere crescere e allevare un figlio suo. Da ragazza si sfidava con le altre nel dire a che età avrebbe concepito la sua creatura, a che età avrebbe fatto l’amore e insieme alle amiche ci fantasticava trascorrendoci interi pomeriggi.
Molti dei suoi bambolotti erano stati suoi figli, ma lei credeva che quella volta il bambolotto sarebbe cresciuto in lei. Invece, al posto del bambino si insediò un male incurabile che giornalmente cresce con lei.
Fortunatamente ha i suoi amici, ugualmente la sua famiglia, il suo lavoro, insomma la sua vita.
Stasera ad esempio ha chiuso la boutique. Alle 19.30 ha preso il tram e si è messa a pensare a cosa fare durante la serata.
Dopo cena i piatti, stendere i panni, stirare e poi finalmente la televisione in poltrona. Anche stasera il Maurizio Costanzo Show.
Nel salotto televisivo, questa sera si parla di casi come il suo, e qui Silvana avverte una sorta di lieve dolore, una quasi impercettibile lacrima gli percorre la guancia destra, alla ricerca di un po’ di serenitĂ . Si parla di storie vere, come la sua, come si parla di musica o di amori seri di una quattordicenne che come lei fantasticava e si trovava cullata dagli amori “lampo”.
Si parla di libri, come i sogni impassibili o come gli interrogativi che anche lei si è posta. Anche lei oggi si è chiesta se Dio esiste e anche lei, come chissà quanti altri, rimane a bocca aperta nel sentire quella giovane ragazza che dice, quando chiamata in causa: “se esiste non lo so; se c’è lo ringrazio per ciò che mi ha dato; altrimenti è una delusione”.
A cavallo di questa nobiltà d’animo, augurandole di essere più sveglia di lei, Silvana si fa trasportare, catturata dalla stanchezza e cullata dai vicini sogni, in un sonno ristoratore.
Il televisore rischiara il suo viso che sprofondando nella poltrona, cerca l’angolino giusto per poter far fiorire i suoi sogni.
Silvana fra tre mesi non si sveglierĂ piĂą tra noi, non vedrĂ piĂą il tramonto che tanto amava, ne accarezzerĂ piĂą il gatto che andava fra le sue bianche caviglie.
ChissĂ quanti, come lei, vivranno la morte prima di una cura o chissĂ …
Ore 04.30 del 20/01/1993
“Dedicato a tutti quelli sani che
si lamentano e non sanno che
c’è chi muore nel loro lamento…”
Frasson Marco.