Mi hanno dato, con tono dispregiativo, del boomer.
Non sono nè mi sento un boomer.
“I Boomer li riconosci subito, sono la generazione della casa di proprietà, del posto fisso, delle pensioni.
Sono quelli che ci hanno insegnato che prima studi, poi compri casa, ti sposi e fai un figlio.
Che ci hanno ripetuto da sempre che se salti uno solo di questi passaggi, hai fallito.
Nati tra il 1946 e il 1964 oggi sono ancora tutti li, immobili, in un surreale stato di congelamento generazionale che sembra non voler finire mai.
Basta accendere la televisione o leggere i nomi della politica per accorgersi che quella è una generazione che non è disposta a lasciare spazio a chi oggi ha 30, 40 e 50 anni e sta ancora aspettando il proprio turno.”
Cito quanto sapientemente scritto qui.
Ora; ci tengo a precisare che non sono ancora, al momento, approdato ai 50anni…
Ad offendermi non è di certo essere collocato fra i boomer, ma il tono dispregativo con cui questo viene fatto.
Mi sono sentito dire “oh! Raga! ma questo qua ha più i 11.000 foto su Instagram e come cavolo fa?” e poi ancora ” Ah boomer @dsadsaòX# (insulti vari), ma spiegami che ci fai tu qui? Forse è il caso che torni fra le tue foto e i tuoi scatti!”
In effetti almeno quelli riescono a non essere offensivi e taglienti come certe lingue ignorantemente biforcute.
E’ un peccato che si cada sul voler classificare le persone per la loro età, anche perchè ci sono adulti che hanno la costante sindrome di Peter Pan, o che adulti sono solo per una mera questione anagrafica, e minori che sanno con pochi gesti essere ben più adulti di coloro che in realtà dovrebbero esserlo.
Viviamo in una strana epoca.
Vogliamo le libertà di espressione, di essere ciò che si crede e si vuole essere non solo come persone ma anche come spiriti ma dobbiamo ingabbiare in fasce di età le persone.
In una era in cui anche la moda stessa sembra adeguarsi, sia per esigenze di mercato che di politically correct, alle fome più diffuse e morbide, ecco che torniamo a ingabbiare le persone in base alla loro età.
Pretendiamo che ci sia libertà di espressione, di vita e di scelte e poi cadiamo tutti, me compreso, nella infima trappola di chi giudica per parametri e non per conoscenza.
Che tristezza.
Ci battiamo per il diritto delle altre persone di manifestare, di dissentire, di dire liberamente la propria ma poi rimaniamo prigionieri di preconcetti, di censure, di falsi pregiudizi di circostanza e di convenienza per restare e appartenere a una società che dice una cosa, ne pensa un’altra e ne applica una terza ancora.
E noi? Popolo di pecorelle che rincorre chi alza la voce, che insegue, giorno dopo giorno, un benessere imposto dalle pubblicità, dai social, dalle invidie nell’osservare chi fa cosa, chi posta, chi ostenta a dispetto di chi invece vive, o meglio sorpravvive al quotidiano, che in fondo, molto in fondo, un pò ci accouma tutti e tutte.
Siamo un popolo social che gode dei numeri di apparenza, che insegue a quasi ogni costo dei like, dei pollici alzati e con quelli si misura una popolarità che in realtà e più distratta che mai, anche a discapito dei contenuti stessi.
La nostra attuale comunicazione deve essere necessariamente stringata, veloce, rapida, incisiva, di effetto e convincente, più per gli altri che per noi stessi.
Se ci si dilunga in ragionamenti, in pensieri, in riflessioni allora si passa per noiosi, per pallosi, per logorroici; già meglio un telegramma di una bella e corposa storia.
Già chi di voi è arrivato a leggermi sin qui, merita la libertà.
… mentre scrivo questo post mi confronto con ciò che che differenzia millenial e boomer citato dalla Litizzetto e allora sapete che vi dico?
Non mi offende appartenere (impropriamente) alla categoria dei boomer.
In fondo, prima o poi, spero di arrivarci e di poter vedere anche gli attuali millenials mutare a loro volta in boomers.
Alla fine è una ruota che gira… oggi tocca a me, domani, forse e te lo auguro, toccherà anche a te!
!