Il libro unico e l’ombra che insegna

Caro Marco,

Oggi, 8 ottobre. Mercoledì. Sono 79 giorni. Il mio cuore sente il peso del tempo che si accorcia, e per la prima volta oggi ho visto le prime vetrine a Via Émile Chanoux allestite con i rami di pino finti e le palline rosse. È troppo presto, Marco! Tutto è troppo veloce. Vogliono saltare l’autunno, saltare la preparazione, e andare subito alla festa. Ma la fretta, lo so, è il nemico della vera gioia.

La velocità del mondo di oggi mi fa paura. Quando accendo il telefono, le notizie di guerra e di violenza che scorrono mi fanno sentire che tutto è fragile, che la bellezza e la pace sono effimere. E mi aggrappo ancora di più ai racconti della nonna, che mi insegnano la forza della lentezza.

Oggi le ho chiesto dei libri. Sai, io ho una libreria intera nel mio tablet: migliaia di storie a portata di tocco. Le ho chiesto: “Nonna, avevate molti libri dopo la guerra, qui ad Aosta?”

La nonna Emma ha toccato il mio vecchio libro di favole illustrato, un libro pesante, di carta spessa, che mi leggeva da bambina. Ha sospirato. “Libri? Erano una rarità, Cristina. La carta era scarsa, i soldi non c’erano. Un libro era un tesoro inestimabile.”

Mi ha raccontato che nella sua piccola scuola, nel dopoguerra, c’era un solo libro di favole per tutta la classe. Non era stampato bene, era rilegato male, e le pagine erano macchiate dall’uso. Ma la maestra, una donna molto severa ma giusta, non lo leggeva mai. Lo usava per un rituale.

Ogni venerdì pomeriggio, metteva il libro su un tavolo in modo che la luce del sole che entrava dalla finestra proiettasse l’ombra della copertina sul muro. E l’ombra era lì: grande, misteriosa, con il profilo delle lettere in rilievo che sembrava un codice antico.

La maestra diceva: “Bambini, questa è l’ombra di un mondo che aspetta di essere riempito. Il libro non si legge subito. Dobbiamo meritarcelo.” E poi, la cosa più bella: a turno, ogni bambino doveva inventare una storia ispirata solo a quell’ombra.

Il libro veniva letto solo il giorno di Natale, dopo mesi di attesa, quando la luce era più debole e il silenzio più denso. “Quando la maestra ha finalmente aperto quel libro,” mi ha raccontato la nonna, “non era solo la sua storia che ascoltavamo. Erano le mille storie che avevamo inventato noi, che erano entrate in quelle pagine. Il libro era un amico, Marco, perché avevamo aspettato tanto per conoscerlo.”

Vedi la differenza, Marco? Io posso leggere ogni libro del mondo in un secondo, e subito dopo lo dimentico. La nonna aveva un solo libro, e quell’unico libro è diventato universo, perché è stato riempito di attesa, di fantasia, di fatica creativa. La nostra tecnologia ci dà accesso a tutto, ma non ci insegna il valore dell’attesa e della lentezza che crea.

Noi abbiamo l’informazione, ma loro avevano la meraviglia.

Questo mi ha dato l’ispirazione per il mio decimo “Atto Bello”. Volevo ricreare il rituale dell’attesa e della meraviglia per qualcosa che diamo per scontato.

Oggi ho preso il mio vecchio dizionario. È enorme, polveroso, pieno di parole che non uso più (tante parole che i miei amici hanno sostituito con abbreviazioni). Ho spento tutti gli schermi di casa. Ho preso l’ultima candela che avevamo usato (la Luce Rara di qualche giorno fa) e l’ho accesa in cucina.

Ho messo il dizionario su una sedia, e ho usato la luce della candela per proiettare la sua ombra gigantesca sul muro. Non c’era nessuno in casa tranne me. Per mezz’ora, sono rimasta seduta a guardare l’ombra delle parole.

Ho scelto una parola a caso dal dizionario, “Fiducia”, e ho inventato una storia ispirata solo a quell’ombra, una favola su un castello di carte che non crolla mai se i bambini che ci giocano si fidano l’uno dell’altro. L’ho sussurrata a voce bassa, come se l’ombra potesse ascoltarmi e conservare la storia.

È stato un momento di intensa creazione solitaria, Marco. Non l’ho registrata, non l’ho condivisa. È la mia storia segreta, entrata nell’ombra del dizionario, un modo per caricare un oggetto comune di un valore immenso, per meritarmelo di nuovo.

Quando è tornata la nonna, la candela si era quasi spenta. Ha visto l’ombra che svaniva. Le ho raccontato il rituale. Ha sorriso e mi ha detto: “La vera magia non è nel libro, ma in quello che tu metti dentro l’attesa.”

Il conto alla rovescia è a 79 giorni. E io sto imparando a riempire ogni giorno di storie e di luce paziente.

A domani, e spero che l’ombra delle cose semplici possa raccontarti qualcosa di speciale.

Cristina.


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