Caro Marco,
Oggi, 11 ottobre. Sabato. L’atmosfera ad Aosta è cambiata ancora: la luce è splendida e chiara, ma le foglie cadono con una tristezza così rapida che sembra quasi che gli alberi stiano correndo per spogliarsi. Il cielo è di un azzurro freddo che promette settimane di gelo. Mancano 76 giorni e la preparazione del nostro Natale segreto si fa più urgente.
Stamattina, ho guardato il nostro terrazzo, che è pieno di vasi vuoti e piante secche. Noi compriamo piante fiorite che durano una stagione e poi le buttiamo via. Tutto deve essere subito bello, subito fiorito.
Ho chiesto alla nonna Emma del rapporto con la natura nel dopoguerra, quando l’abbondanza era un miraggio.
Lei mi ha raccontato che in quegli anni, la bellezza non si comprava. La si aspettava, la si coltivava con una pazienza infinita. Mi ha parlato del suo vicino di casa, Monsieur René, un uomo che aveva perso la moglie e l’orto durante il conflitto, e che viveva in un mutismo quasi totale.
Mi ha descritto come, ogni autunno, Monsieur René andasse nel bosco, vicino ai sentieri che portano al Gran San Bernardo, e tornasse con un piccolo ramo secco, spoglio, che sembrava morto. Lo metteva in un vaso pieno di terra povera, lo innaffiava e lo curava in silenzio, giorno dopo giorno, per mesi. Era un ramo senza promesse, senza fiori.
La nonna mi ha raccontato che tutti gli altri ridevano. Dicevano: “René, è morto, buttalo, non vedi che è solo legna per il fuoco?” Ma lui non lo faceva.
E poi, in prossimità del Natale, succedeva la cosa incredibile, il “Miracolo del Germoglio”. Su quel ramo apparentemente morto, a volte, spuntava un piccolo, timido germoglio verde, così minuto che bisognava avvicinarsi per vederlo. Non era un fiore, ma era la vita che resisteva al gelo.
Per Monsieur René e per la nonna, quel germoglio era il vero simbolo del Natale. Non le luci artificiali o gli addobbi comprati, ma la forza di rinascita della natura in un mondo che sembrava non avere più nulla da offrire. Era la prova che l’attesa e la cura potevano generare miracoli dal nulla.
“Quel germoglio ci diceva che la vita non si compra, Cristina,” mi ha spiegato la nonna, “si coltiva nel buio, nel freddo, nella pazienza. Era un atto di fede nel futuro, anche quando il presente era solo un ramo secco.”
Marco, noi viviamo in una società che vuole risultati immediati. Se un progetto non funziona subito, lo abbandoniamo. Se un’amicizia richiede troppo sforzo, la lasciamo appassire. Non abbiamo la pazienza di Monsieur René. Vogliamo la bellezza già pronta, dimenticando che il vero valore è nel processo che la genera.
Penso anche alle notizie che vedo. Intere nazioni ridotte a “rami secchi” dalla violenza. E mi chiedo: dove sono i semi di speranza che germoglieranno? Dobbiamo essere noi i Monsieur René, a curare il buio.
Ho deciso che il mio tredicesimo “Atto Bello” doveva essere un omaggio al Miracolo della Lentezza.
Sono andata nel giardino, ho trovato un vaso dimenticato e ho raccolto un piccolo ramo spezzato dal nostro vecchio noce. Sembrava completamente inutile, solo legna per terra.
Invece di gettarlo via, l’ho portato in camera mia. Ho riempito il vaso di terra (l’ho mescolata con un po’ di caffè macinato, ho letto online che aiuta) e ho piantato il ramo. Non mi aspetto un germoglio entro Natale, lo so. Ma l’atto non è nell’aspettarsi il fiore.
L’atto è nella cura quotidiana, Marco. Ho messo il vaso sulla mia scrivania e ho deciso che, ogni giorno, prima di toccare il mio telefono, lo innaffierò, gli parlerò e lo guarderò con l’attenzione che Monsieur René dava al suo. È un impegno di pazienza che ho preso con me stessa, un modo per rallentare il mio cuore frettoloso.
È un rito di Resistenza al Tutto e Subito. Il ramo secco è il mio simbolo di attesa attiva.
La nonna ha visto il mio vaso, e ha messo un piccolo sassolino liscio, di quelli del fiume, alla base del ramo. Mi ha detto: “Adesso è ancorato. Non aver fretta, Cristina. La radice lavora in silenzio.”
Il conto alla rovescia è a 76 giorni. E sto imparando che la vera magia del Natale non è nel luccichio esterno, ma nella vita che si ostina a spuntare dal ramo più secco.
A domani, e spero che tu possa piantare un seme di pazienza anche nella tua vita.
Cristina.
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