È un’illusione seducente, un inganno che ci raccontiamo per lenire il dolore, credere che il tempo possa agire come un guaritore onnipotente, cancellando ogni ferita, ogni cicatrice che la vita ci ha inflitto. Ma la verità è più complessa, più sfumata, più profonda.
Immaginiamo di voler ignorare la polvere che si deposita su un mobile antico, un mobile che custodisce i ricordi di una vita, sperando che il tempo e la polvere stessa possano, con il loro manto opaco, nascondere le tracce di un passato che ancora ci tormenta, che ancora ci fa sanguinare dentro.
Non basta volgere lo sguardo altrove, fingere che certe prove, certe sofferenze, non abbiano lasciato segni indelebili nella nostra anima.
La guarigione non è un processo di oblio, una fuga dalla realtà, ma un cammino tortuoso attraverso il dolore, un’accettazione delle cicatrici che ci rendono ciò che siamo.
Non basta cercare di dimenticare o far finta di non pensare a certi aspetti, a certe prove della vita, per potersi dichiarare apertamente guariti o immuni da certi dolori.
La verità è che ogni ferita, ogni cicatrice, racconta una storia, una parte di noi stessi, e negarla significa negare la nostra stessa essenza.
In questo periodo della mia vita, mi rendo conto, con una chiarezza dolorosa e inequivocabile, di quanto sia fragile l’illusione di poter superare tutto senza strascichi.
Credevo, ingenuamente, che fosse più semplice, meno faticoso, fingere che tutto andasse sempre bene, che tutto si potesse superare senza starci male, senza che il dolore lasciasse segni tangibili.
Ma la verità è che siamo esseri umani, vulnerabili e imperfetti, creature che portano nel cuore e nel corpo le tracce delle loro esperienze, le cicatrici delle loro battaglie.
E quando il corpo, come un sismografo sensibile e fin troppo preciso, inizia a manifestare il dolore dell’anima, quando le sofferenze del cuore si traducono in sintomi fisici, in un malessere che pervade ogni cellula, allora è necessario fermarsi.
Occorre fermarsi, riflettere, concentrarsi nel volersi bene in primis, come dici tu, ascoltare il proprio corpo, accogliere le proprie fragilità, riconoscere i propri limiti.
Non c’è vergogna nel chiedere aiuto, nel tendere la mano verso chi ci può sostenere. Anzi, è un atto di coraggio, un passo fondamentale verso la guarigione, verso la riconquista di noi stessi.
Solo amando noi stessi, con le nostre cicatrici e le nostre ferite, con la consapevolezza della nostra fragilità, possiamo trovare la forza per affrontare le sfide della vita e costruire un futuro più sereno, un futuro in cui le cicatrici non siano un peso, ma un simbolo di resilienza e di rinascita.
E ancor più non avere alcuna paura a chiedere aiuto, perché in fondo siamo tutti umani, tutti bisognosi di comprensione e di sostegno, tutti alla ricerca di un porto sicuro in cui poter trovare conforto.
Scopri di più da FMTECH
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.